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La mia Via Lattea

Pubblicato il 7.12.10

image “E le stelle si accendono una ad una, come ballerine entrano in scena, ecco la luna, spengo la moto che è rossa e fa molto rumore e copre il rumore del mare, che sembra mosso dalle mani di lavandaie, vedo le lampare luccicare …” strani i percorsi della memoria, sto salendo al Fraiteve e  mi ritrovo a cantare questa canzone. Sono a 2500 metri, nella notte, nella neve e mi tornano alla memoria ricordi di mare, sento addirittura il rumore del mare! Sono immersa nella natura, anche la luce della frontale mi disturba, le luci dei paesi giù in lontananza potrebbero davvero essere lampare o finestrelle illuminate di case di pescatori. Pochi chilometri dopo la pendenza si fa forte, la neve è cedevole, il freddo comincia a farsi sentire, e anche la fame. Arrivo al rifugio le mani e i piedi freddi, una fame da lupo, mi concedo una colazione a quattro stelle: biscotti pucciati nel the, cioccolato, banane, fette biscottate con la marmellata! e poi via di nuovo nella notte, ma stavolta in discesa, e allora giù a capofitto fino a Sestriere. Ah, il rientro nella civiltà: tutti che ti incitano calorosamente? macché i passanti annoiati ti guardano come fossi un marziano ma senza la curiosità che l’alieno dovrebbe stimolare. Meglio tornare alla natura, lo sguardo delle stelle era sicuramente più benevolo. Si ritrova la neve e si risale alla volta del col Basset. La salita è dolce, ma il fondo sprofonda, tornanti e tornanti, il passo è regolare ma non vedo la vetta, stavolta vengo assalita da pensieri di tutt’altro colore, mi intristisco, mi tornano in mente la campagna di Russia e le marce dei deportati. Rifletto sulle risorse che l’uomo può trovare e allora io, che sono qui per gioco e con la pancia ben rifocillata, di cosa mi lamento? Arriva la vetta. Marco il dottore conosciuto al Toubkal, che un paio di ore fa mi aveva aperto il cioccolato al rifugio del Fraiteve, è qui a verificare che tutti siano in grado di proseguire, mi chiede se ce la faccio, rispondo di si anche se il tono della voce sa proprio di un no. Ma la salita è finita, mi butto in discesa e recupero entusiasmo ed energie … la discesa è ripida, in alcuni punti sembra di sciare anche senza gli sci, le luci di Sauze si fanno sempre più vicine, si vede anche la torre. Lascio la neve, attraverso le vie del paese e le gambe continuano ad andare, entro nella torre, un boato di incitazioni, tolgo le scarpe, rampa di scale e poi otto piani di dolce pendenza e moquette, all’ultimo piano finisce questa emozionante avventura …. e poi comincia la festa!

Grazie al mio lupo che mi ha contagiato con il suo spirito trail e a quei due “balenghi” degli organizzatori che rispondono ai motti di “la fatica non esiste” e “il faut avoir le pied montagnard”.

gilda

2 commenti
  1. Anonimo 8 dicembre 2010 alle ore 15:30  

    Grande Gilda!La notte della gara disteso sul divano annebbiato da dolore e farmaci con la mano inservibile vi pensavo e immaginavo le emozioni e sensazioni
    che stavate provando.Senza invidia ero contento e sicuro che lassù vi stavate divertendo.Il racconto da un'idea di ciò che è questa gara e tutti dovrebbere avere la fortuna e la voglia di provarci. Io porto con me ancora le emozioni dell'anno scorso! E al di là delle emozioni complimenti per la prestazione.
    Alberzek

  2. tillo 8 dicembre 2010 alle ore 20:36  

    complimenti Gilda, sei stata brava, ma lo sapevamo già che sei molto tosta